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L'entrata della grotta è visibile dalla Via Aurelia, quasi alla sommità della collina che sovrasta le Cave Ghigliazza (un centinaio di metri dopo la galleria del promontorio Caprazoppa): da ragazzi raggiungevamo la caverna salendo dalle rocce a destra dell'entrata del Cimitero di Finalmarina, costeggiando le rocce a picco sul mare ed entrando da una cancellata cui mancava una sbarra.
Il nome è dovuto alla presenza nelle sue vicinanze di una duna di sabbia silicea bianca che fino agli inizi del 900 si addossava al promontorio. La cavità oggi si apre a circa 50 m. di altezza sul livello del mare e fu oggetto di esplorazioni fin dall 1800.
Nel 1940 Luigi Bernabò Brea, soprintendente archeologo della Liguria, cominciò gli scavi utilizzando il metodo stratigrafico nella parte più orientale della grotta, in una zona non intaccata dagli scavi ottocenteschi. Gli scavi proseguirono per 8 campagne. Nel 1969 ripresero fino al 1977 diretti dallo stesso Cardini. Questi misero in luce un deposito dallo spessore di 8 metri con una stratigrafia che partiva dall’età tardo-romana, al Paleolitico Superiore. La base del giacimento é datato a circa 25.600 anni da oggi. Nella grotta sono stati rinvenuti numerosi reperti di industria litica e ossea, e più di 20 sepolture di individui, tante da far pensare ad una vera e propria necropoli. Tali sepolture si trovano in una zona interna in un livello datato a circa 11.600 anni fa. I corpi sono nella maggior parte dei casi allungati sulla schiena, in una fossa, e l’ocra è presente in abbondanza. Sono spesso presenti delle pietre, sopra o sotto il defunto; l’orientamento del capo non segue nessuna regola fissa, la deposizione é anzi avvenuta in modo del tutto variabile, per lo più lontano dalle pareti della cavità. I corredi sono generalmente ricchi e si compongono di ornamenti di conchiglie marine e d’osso, pochi manufatti di selce, blocchetti d’ocra, arti e altre parti del corpo dei piccoli mammiferi e uccelli. Vi sono complessivamente 10 maschi adulti, 3 donne adulte (in deposizione secondaria) e ben 8 bambini di età variabile da quella di neonati (o addirittura feti) a quella di 10-12 anni. Esiste poi un certo numero di ossa umane sporadiche in vari punti della necropoli, di cui poco si può dire.
La tomba del Giovane Principe: è stata rinvenuta una sepoltura di un adolescente di sesso maschile, di circa 12-14 anni, ed è nota in tutta la letteratura come la tomba del Giovane Principe a causa della ricchezza del corredo. Lo scheletro è deposto in posizione allungata presso la parete rocciosa. Era interamente coperto di ocra e su braccia, mani e piedi erano deposte intenzionalmente alcune pietre, una reticella di centinaia di conchiglie forate ricopriva la testa e quattro bastoni d’osso forati (i cosiddetti “bastoni del comando”) si trovavano sulle spalle, sul torace e lungo il fianco sinistro. E’ datata a non meno di 20.500 anni da oggi e una particolarità riguarda le cause del decesso. Al momento della scoperta infatti si notò come mancasse parte della mandibola e le ossa della spalla sinistra fossero gravemente lesionate. Il vuoto lasciato dalla lacerazione della faccia era stato riempito da una massa di ocra gialla purissima, che arrivava a contatto con le superfici fratturate dell’osso. Scrive Cardini: “ Si aveva l’impressione che con la massa d’ocra si fosse tentato di tamponare o mascherare l’enorme ferita che certamente fu causa della morte del giovane e robusto individuo”. E’ ipotizzabile che questa sia avvenuta durante un episodio di caccia.
Nella caverna sono stati ritrovati i di cervi, cinghiali, caprioli, stambecchi, alci e camosci, ma anche resti molto frammentari di Mammut e Rinoceronte lanoso. Dopo il 10.000 BP, le prime fasi dell’Olocene (Il periodo geologico più recente: quello in cui viviamo oggi), segnano un periodo di non occupazione.
Poco dopo il 7000 BP, in un ambiente più verde dell’attuale, con boschi ricchi di querce, inizia la frequentazione della cavità da parte di gruppi ad economia neolitica portatori della Cultura della Ceramica Impressa. Il Neolitico è quindi attestato dalle fasi più antiche. In questo momento il modo di vita era basato sul consumo dei molluschi e su quello delle prede cacciate, ma è anche attestato l’allevamento del bue, della pecora, della capra e del maiale, mentre l’agricoltura sembra avere un posto limitato nell’economia.
Intorno al 6000 BP si diffonde la Cultura dei Vasi a bocca quadrata e fino al 5700 BP circa si ebbe una intensa occupazione. Si incrementò l’allevamento e alcune zone della grotta furono adibite a stalla. Negli strati corrispondenti a questa fase si rinvennero numerose tombe a cassetta litica (fosse foderate di lastre di pietra), singole, con scheletro in posizione rannicchiata. è stato documentato tra l’altro, uno dei più antichi casi di tubercolosi alla spina dorsale che costrinse un giovane quindicenne a vivere in positura fortemente flessa. Intorno al 5400-5300 BP si afferma la Cultura Chassey e la frequentazione divenne più assidua.
La grotta continuò ad essere occupata durante l’Età del rame(4700 anni da oggi). Venne frequentata saltuariamente durante l’Età del Bronzo e del Ferro. Lo strato superficiale conteneva infine reperti di età romana.
Visite La Caverna delle Arene Candide non è aperta al pubblico.
Tuttavia molti dei materiali e la famosa tomba del “Principe” sono purtroppo conservati nel Museo Civico di Archeologia Ligure che si trova in via Pallavicini 11 a Genova-Pegli: se ne possono tuttavia ammirare le perfette riproduzioni nel Museo Civico del Finale a Finalborgo.

 
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