La mappa
della sezione Marchesato
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Appendice
Castel Gavone
3) La fine di Castel Gavone
Nel 1678 il Beretta (che qualche anno
prima aveva realizzato "la Via della Regina") giudicò il
castello privo di interesse militare: la costruzione delle mura
esterne lo rendeva idoneo solo alla difesa da insurrezioni
popolari. Dopo varie vicende a livello europeo, il 20 agosto 1713
Genova coronò il sogno di impossessarsi del Finalese: la
Repubblica acquistò il Marchesato al prezzo (spropositato) di
2.400.000 fiorini (equivalenti a circa 46 tonnellate d'argento). In tal modo
Genova riuscì finalmente ad assicurarsi il controllo di tutta la
costa ligure e del commercio verso l'entroterra e la pianura
Padana. Mancava tuttavia la legittimità del possesso, che non era
stato riconosciuto dalle altre nazioni europee. Esistevano infatti altri pericolosi
pretendenti: - Vittorio Amedeo di Savoia, per assicurarsi uno
sbocco sul Mediterraneo; - Luigi XIV Re di Francia, che seguiva
l'atteggiamento dei suoi predecessori. Entrambi erano intervenuti sui
Doria, cittadini "scomodi" e troppo facoltosi del genovese:
costoro erano i depositari dei diritti feudali sul
Marchesato, rivenienti dal lascito ereditario di Sforza Andrea Del
Carretto a Giò Andrea Doria (1602) in virtù del quale la famiglia
vantava indiscutibili diritti di prelazione sul feudo. Se avesse
fatto valere i propri diritti avrebbe potuto rimborsare a Genova
il prezzo di acquisto (e a quanto risulta ne avrebbe avuto i mezzi
finanziari), acquisendo il Finalese che sarebbe probabilmente
diventato merce di scambio con i Savoia e la Francia. Per evitare
questo rischio Genova seguì due strade: tenere elevato il prezzo
di acquisto (e quindi di eventuale rimborso in caso di revoca
dell'acquisto) e diminuire il valore del Marchesato distruggendo
le sue fortificazioni. Il 14 ottobre
1713, un mese dopo l'insediamento del nuovo Governatore genovese, venne
stilata una relazione sulle fortificazioni da demolire: nonostante
il Col. Zignago avesse escluso la necessità di procedere su Castel
Gavone per l'insignificante pericolo che presentavano le sue
strutture, inadeguate ai tempi in caso di guerra, nel maggio 1715 le
operazioni di distruzione vennero accelerate e il 18 luglio 1715
una grande mina eliminò il palazzo interno. Resistette la Torre
dei Diamanti: dati i costi dell'abbattimento, si procedette alla
sola eliminazione delle sue solette interne. Gli edifici a
nord e sud del cortile erano ancora intatti: vennero distrutti
insieme alla Cappella di San Giorgio più
di un decennio dopo. Già prima di questi eventi era iniziata una
sistematica asportazione dei pezzi più pregiati: capitelli,
portoni, inferriate, bassorilievi andarono ad ornare le case e le
chiese di Perti e Finalborgo (un camino del castello venne
utilizzato come portale dell'ingresso del palazzo del Governatore:
è ancora visibile nella piazza del Tribunale). Il saccheggio continuò per
oltre due secoli (intorno alla metà del XIX secolo il portale
della citata cappella di San Giorgio venne utilizzato come ingresso di
una villa patrizia dei dintorni). La demolizione genovese e la spoliazione
successiva operata dai finalesi avevano ridotto Castel Gavone ad un cumulo di
macerie:
restavano intatte le sole grandi cisterne per la raccolta
dell'acqua, che venivano ancora utilizzate alcuni decenni fa per
l'irrigazione dei vigneti e degli uliveti presenti nei terrazzamenti
sottostanti. Genova aveva raggiunto il suo scopo segreto
distruggendo il simbolo dei suoi più acerrimi nemici, i Del
Carretto: gli avvenimenti successivi dimostrarono che si trattava
di una "vittoria di Pirro". Anche Castel San Giovanni venne
parzialmente abbattuto: della fortezza spagnola sulle pendici del
Becchignolo rimase la parte anteriore, che fu sede di una piccola
guarnigione genovese (una decina di soldati). Infine nel 1805 il
Castello venne messo all'asta per la restituzione di un prestito
forzoso imposto da Napoleone Bonaparte: la proprietà di quanto
restava dell'edificio passò a Gian Battista Cavasola
e sarebbe rimasto alla sua famiglia sino agli ultimi anni '80.
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4) I progetti di recupero e la
situazione attuale Negli anni successivi alla II Guerra
Mondiale le risorse pubbliche che si fossero rese disponibili
vennero dirottate alla sistemazione di beni monumentali di
Finalmarina e Finalborgo. La famiglia Cavasola, proprietaria di
Castel Gavone, si rivolse
all'Istituto Italiano dei Castelli per la ristrutturazione del
maniero, da destinare in parte al pubblico ed al
turismo, previa la messa in sicurezza dell'edificio, previa
concessione alla proprietà di utilizzare in proprio limitate parti del
complesso. Nel 1970 vide la luce un primo progetto, che
prevedeva il recupero della Torre dei Diamanti e del vicino
torrione per ricavare quattro porzioni unifamiliari per i membri
della famiglia Cavasola, oltre ad un alloggio per il custode. Nonostante
l'approvazione della Sovrintendenza il Comune di Finale Ligure
(che sperava in contributi statali) insabbiò il progetto. A
testimonianza della pericolosità dell'edificio, nel
marzo 1983 crollarono circa sei metri di cinta muraria,
alterando fra l'altro il paesaggio. Nel 1984 la famiglia Cavasola presentò
un secondo progetto per togliere il castello dal suo stato di
totale abbandono; eccone i punti principali:
-
criteri
di restauro ineccepibili per preservare l'integrità del
monumento;
-
fruizione pubblica con la destinazione delle parti
all'aperto davanti e dentro il castello, nonchè delle cisterne
sud, a museo archeologico;
-
costruzione di un alloggio per il custode permanente;
-
messa in sicurezza delle murature a rischio.
Il
tutto senza dover attendere contributi pubblici (presupposto già
evidenziato nel primo progetto del 1970) ma con la necessità di destinare ad uso
residenziale una maggior volumetria per far fronte alle più
elevate spese per la messa in opera della parte destinata al pubblico. Le perplessità
del Comune e del Ministero dei Beni Culturali sulla destinazione
ad uso privato di una parte dell'edificio, definito "invasivo",
determinarono un parere negativo. La rovina della prestigiosa Torre dei Diamanti, scelta
come simbolo della Liguria nella serie postale
"Castelli
d'Italia" (settembre 1980), e del poco che era
rimasto proseguì inesorabilmente negli anni a venire. Negli anni '80 l'azione di alcuni soci del
Centro Storico del Finale
rese possibile il passaggio del Castello al Comune di Finale
Ligure. Il 29 dicembre 1989 i fratelli Rosa, Gian
Battista e Giuseppina Cavasola sottoscrissero un atto di
donazione unilaterale al Comune. L'atto prevedeva che l'Ente
donatario doveva provvedesse alla manutenzione e conservazione
del monumento pena la risoluzione. Successivi crolli
testimoniano l'inattività del Comune, che, nonostante sia stato
avviato un nuovo progetto di ristrutturazione dell'opera (2002)
solo negli ultimi anni è intervenuto......per chiudere il
castello a visite esterne in quanto pericolante. Io posso
solo dire: che tristezza! |
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