La mappa
della sezione Marchesato
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1162/1231 - Gli albori del Marchesato
Il primo ad essere citato come Marchese Del Carretto (così
definito in un atto del 1179), fu
Enrico I il "Werth"
(il "Valoroso) o il
"Guercio". Racconta il Filelfo che tale curioso secondo soprannome gli
derivò dalla partecipazione alla Seconda Crociata (1147-1149), nel corso
delle quali fu ferito ad un occhio da Joppe, un Principe
musulmano, su
cui, nonostante la menomazione, ebbe comunque la meglio: secondo
il racconto Enrico strappò all'avversario il turbante
durato su cui era rimasta l'impronta di cinque dita insanguinata, circostanza che avrebbe indotto il Marchese ad
adottare un nuovo stemma di famiglia con cinque bande
rosse in campo oro (ancora oggi questi sono i colori delle insegne
di Finale
Ligure). Durante la Crociata venne avvisato di gravi tumulti
scoppiati nel Marchesato, fomentati forse dai nascenti comuni di
Noli e Savona: ritornato subito a Savona, riuscì a sedare la
ribellione, anche se in tempi relativamente lunghi, grazie ad un
complicato gioco di alleanze e di compromessi. Al 1150 datano le prime schermaglie con Noli, che gli
riconobbe alcuni privilegi feudali ma pretese ed ottenne che lui
riconoscesse a sua volta il Consolato della città. Nel 1154 con un
atto di forza occupò militarmente Noli: l'intervento di Genova,
che invase e saccheggiò alcune zone del Finalese, lo obbligò a
ritirarsi. Il 10 giugno 1162 ricevette da Federico I Barbarossa
l'investitura ufficiale del feudo: da quel momento divenne un
fedelissimo dell'Imperatore, suo consigliere e frequentatore della
sua corte. Enrico I Del Carretto era noto per le sue conoscenze
politiche, per la sua abilità di negoziatore e per la sua
competenza nel diritto feudale. Nel 1183 il Barbarossa lo incaricò
di avviare trattative con i comuni della Lega Lombarda: il 30
aprile 1183 negoziò e sottoscrisse a Piacenza l'atto che sanciva
la pace con la Lega, documento controfirmato a Costanza
dall'Imperatore il 25 giugno dello stesso anno. Alla sua morte
avvenuta nel 1185, i figli si spartirono il Marchesato: il
Finalese toccò ad Enrico II Del Carretto. Citato da atti del tempo
e dalla maggioranza degli storici come Marchese del
Carretto, in effetti era ancora Marchese del Vasto. Morì nel 1185. Il figlio
Enrico II Del Carretto rimase fedele alla tradizione
ghibellina che legava la famiglia all'Imperatore. Nel 1185 la
divisione del patrimonio paterno con il fratello Ottone gli
riservò il Finalese, Noli, alcuni territori nelle Langhe ed in
Valbormida, le ville di Calizzano, Osiglia, Millesimo, Cengio,
Altare, Cosseria e Carcare, oltre a diverse stazioni di controllo
sulle direttrici che dal mare raggiungevano la Pianura Padana. Si
trattava di un territorio compatto, strategicamente importante e
potenzialmente ricco di uomini e di risorse, che il Del Carretto
riuscì a far crescere. Anche Enrico II incontrò una fiera
opposizione dagli abitanti di Noli: nel 1188 dovette cedere ai
Nolesi il diritto di feudo e gradualmente questa città si affrancò
completamente (il 2 settembre 1196 con un diploma dell'Imperatore
Enrico IV). Nello stesso 1188 si stabilì a Finale: qui curò
l'allargamento del "burgus" (Finalborgo), che fu cinto di mura e
fossati naturali (i torrenti Pora ed Aquila) e iniziò sull'altura
del Becchignolo la costruzione di Castel Gavone (sembra su una
preesistente fortificazione), che sarebbe diventato la sua dimora
ed il suo rifugio durante li frequenti conflitti con i genovesi.
Sotto il suo dominio il porto di Finale a Varigotti assunse una
notevole importanza e si pose come alternativa a quello di Genova,
gelosa del proprio monopolio marittimo e commerciale: le strutture
portuali comprendevano un lungo e largo molo edificato su una fila
di scogli, oltre ad una torre quadrata con finestre a sesto acuto
che fungeva da faro (l'edificio è stato purtroppo demolito
completamente durante la costruzione della linea ferroviaria). La
stessa cosa avvenne per la nascente industria cantieristica
finalese, che poteva utilizzare il legname del boscoso entroterra.
Nel 1206 fondò un nuovo borgo a Millesimo in Val Bormida, che
assunse la veste di capoluogo montano del Marchesato per la sua
posizione strategica sulle vie di comunicazione con il Piemonte.
Allarmata dalle sue molteplici iniziative, nel
1217 la "Superba" gli intimò di abbattere le fortificazioni,
ordine disapplicato. Nel 1226 si alleò con l'Impero contro Genova,
che tuttavia vinse e gli impose un giuramento di obbedienza. Morì
nel 1231, dopo aver visto la realizzazione del suo disegno di
potenziamento che gli permise di affermare la sua indipendenza da
Genova.
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1231/1313 - Continuano le scaramucce con la
Repubblica di Genova Il suo successore,
Giacomo Del
Carretto, visse in un periodo che affermarsi le ostilità fra
la
Chiesa Cattolica e l'Impero, entrambi desiderosi di assicurarsi
il predominio del mondo feudale del tempo. Giacomo continuò la
tradizione dei suoi predecessori: si schierò con i fautori
dell'Imperatore Federico II (i Ghibellini) e rinsaldò i legami
con il regime sabaudo. Nel 1240, rompendo con la guelfa Genova,
tradizionale avversaria del Marchesato, aiutò il Vicario
Imperiale Manfredo II Lancia e nell'agosto 1240 raggiunse
l'Imperatore a Pavia. Questo diede alla Superba il pretesto per
dichiarargli guerra. Il Marchese sconfisse Genova, catturando
Fulco il Guercio, comandante delle sue milizie. Nel 1243
la Repubblica cinse d'assedio Savona con un forte esercito:
Giacomo si schierò a difesa di Savona, ove portò soldati e
riserve alimentari, diventando il capo della resistenza savonese.
Tuttavia la ribellione non ebbe un esito favorevole: costretto a venire a patti,
dovette liberare Fulco. Con
il placet imperiale fu nominato Governatore di Albenga, ma
lasciò il governo della città a Manfredo d'Incisa. Un evento
importante che gli permise di rafforzare i già stretti rapporti
con Federico II fu il suo matrimonio a Cremona con Caterina di
Marrano, figlia naturale dell'Imperatore (maggio 1247). Acquisì
un ragguardevole prestigio a corte ed ebbe parecchi incarichi in
Piemonte (fra l'altro fu nominato Podestà di Ivrea e Vicario
della parte settentrionale dell'astigiano). Nel dicembre 1250
morì Federico II: lo schieramento ghibellino si dissolse e
Giacomo dovette
prestare giuramento di fedeltà a Genova, con l'impegno di
rispettare quanto già imposto al padre (soprattutto la
distruzione del porto di Varigotti, mai attuata....). In cambio
Genova non pretese danni di guerra e riconobbe la sua signoria.
Di lui si narra un curioso aneddoto:entrato in possesso del
trono d'oro e gemme di Federico II, il 12 giugno 1231 lo costituì in
pegno alla Compagnia Finanziaria di Bruno Spinola che a fronte
gli erogò 2.000 "libre di genovini", riservandogli il diritto di
restituzione per 1.600 "provini"; Giacomo non riuscì
ad onorare il debito ed
il trono, dopo vari passaggi, fu acquistato da Corrado di
Svevia. Per migliorare le condizioni del finalese, provato dalla
recente guerra che aveva ridotto a livelli critici la finanza
del Marchesato, strinse accordi di natura commerciale con i comuni limitrofi e riuscì
in un lasso di tempo relativamente breve a dare nuovo respiro ai
traffici commerciali, marittimi e terrestri. Le notizie sul suo
conto cessano nel 1266. La sua morte segnò la fine dell'unità
geografica e politica del Marchesato avviata dal padre Enrico II. Nel
1268 i tre figli divisero il feudo in terzieri. Il Finalese e le
terre di Balestrino, Bardino, Borgio e Clavesana vennero
assegnati ad Antonio Del Carretto ( amministrati in
comune sino al 1276 i territori di Millesimo, Cosseria e Carcare).
Nello stesso anno discese in Italia lo sfortunato Corradino di
Svevia, che rivendicava per sè Napoli e Sicilia, saldamente in
mano a Carlo d'Angiò. I Del Carretto permisero a Corradino di
attraversare i loro domini e di imbarcarsi a Vado Ligure per il
Sud dell'Italia. Per ritorsione Carlo d'Angiò ordinò al
Siniscalco di Lombardia di muovere loro guerra: al fine di
evitare una sicura sconfitta i Del Carretto, e fra essi Antonio,
fecero atto di sottomissione a Carlo. Nel 1280 Genova lo
dichiarò "ribelle": in realtà la Repubblica era sempre più
preoccupata per lo sviluppo del porto di Finale che vedeva un
continuo aumento di traffico marittimo, per l'afflusso di
fuggiaschi e per l'appoggio ad altre potenze italiane e
straniere. Iniziò un periodo di forte tensione (che durerà sino
alla fine del XV secolo). Nel 1292 Antonio fu obbligato a
firmare un accordo che imponeva alle navi finalesi lo scalo
obbligato nel porto di Genova. Nel 1311 prima di morire Antonio
rinnovò ai finalesi, migliorandoli, gli Statuti in sostituzione di quelli
concessi da Giacomo del
Carretto nel 1258. Ebbe tre figli, Giorgio, Enrico e Antonio.
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